25 ore dense, senza dubbio: l’arrivo a Milano, che per l’ennesima volta mi ha ricordato come mai non voglio andare a vivere in una citta che anche lontanamente ci si avvicini, l’entusiasmo e un pizzico di paura dei ragazzi del clan, forme e colori e armonia dell’aereoporto di Madrid. E poi i volti di un’intera stiva di persone con ognuno una storia da raccontare per riempire le 11 ore di viaggio che ci separavano da Lima, il pianto e le risate dei due bambini che avevo a destra e a sinistra, la maestosita’ della foresta Amazzonica anche se vista solo dall’alto e per poco, e le Ande con il loro marrone scuro e il tappeto di nuvole dentro al quale ci siamo tuffati per raggiungere Lima.
Ma cos’e’ che in realta’ mi ha fatto capire di trovarmi dall’altra parte del mondo, al di la’ dei nomi geografici e del cambio di temperatura? Forse e’ stato l’odore appena uscito dall’aereoporto, intriso di benzina e di umido, a tratti irrespirabile. O forse il cielo rosso sopra la mia testa, rosso per chissa’ quale motivo, ma sicuramente per qualcosa che ha poco a che fare con la salute di chi ci si trova sotto. Magari sono state le insegne tutto intorno a me che hanno scritte, colori e parole differenti, le case senza tetti ma con al piano superiore solo qualche parete e degli immancabili panni stesi. Oppure le “botega” aperte praticamente in ogni garage sotto le case, che mi chiedo se e come fanno ad andare avanti visto che ogni 100 metri ne trovi una uguale, i rumori della strada e dei mezzi che vi transitano con il loro rumore, veri padroni di ogni strada di Lima.
Forse un po’ tutto di questo, forse le molte altre cose ancora che i miei occhi hanno visto ma che la mia testa sta ancora elaborando cercando dei criteri di un ordine che ancora non gli sono propri. Ma forse no, forse c’e’ un fattore che piu’ di tutti mi ha fatto capire che mi trovo in un contesto nuovo dove ogni piu’ piccola cosa e’ nuova e ancora mai sperimentata: io e gli altri non sappiamo proprio come varcare quella sottile linea, non sempre presente, che segna il confine tra il posto dove puoi camminare tranquillo e la strada, dove l’unica regola e’ quella di chi suona il clacson piu’ spesso. Invece tutti quelli che abitano qui, persino i cani, ci riescono con tranquillita’, e da questo ho capito che sono uno straniero in una terra sconosciuta.