Appunti per non dimenticare, frasi sconnesse che spero conservino nel tempo il loro grande potere evocativo… Graffi di quasi un mese di vita cosi’ fuori dall’ordinario, cosi’ speciale nella sua quotidianeita’, che e’ stato capace di suscitarmi ogni giorno plurime riflessioni diverse e profonde, a tutto campo, fin nel midollo piu’ morbido e impermeabile di me stesso… Davvero, prima del Peru’ non pensavo potessi arrivare a mettermi cosi’ profondamente in gioco… Mi fermo a pensare, compagno di quest’ultimo tramonto che ancora posso concedermi spensierato e senza la necessita’ di guardare in avanti a quello che mi aspetta, in un mood peruano, come mi piace chiamarlo. Da domani cambiera’ tutto, e le sensazioni forti, i sapori intensi, gli sguardi pieni e i colori accesi di quanto acquistato in questo mese scompariranno in larga misura, a poco a poco… Poi oggi il mare e’ anche agitato, e la spuma che si infrange sugli scogli e’ davvero il massimo… Flusso di coscienza…
Il disgusto per l’odore di smog e’ stata la prima cosa che ho provato una volta sceso a Lima, un’odore cosi’ forte e permeante che mi sono sentito davvero stritolare il collo… 21 persone e i loro zaini ammassati in un combi dove neanche potevo stare in piedi, la pioggerella fitta che bagnava tutto, che ingrigiva l’anima… Poi la vista dell’interno della CAJ, delle stanze dove avremmo dovuto dormire, dell’unico bagno per tutti noi, dei fornelli e del tavolo della cucina che era meglio non conoscere prima di aver fatto almeno un pasto, la stanchezza, il cielo arancione e il fuso orario… Mi sentivo mancare l’ossigeno, per il corpo e per la mente… Le prime due ore di Peru’ non sono state per niente incoraggianti, decisamente, e mi sono persino chiesto quanti giorni mancassero alla nostra partenza… Penso che il naturale inizio di ogni cambiamento sia un trauma, e solo la saggezza e la maturita’ permettono di introdurlo anche a partire da una profonda riflessione…
Semplicita’, come quella del pasto consumato da Giovanni Vaccaro, fatto di patate, mais, pollo, camote e forse qualche altra verdura, cotto dentro una buca ricoperta di pietre roventi. Da mangiare per tradizione con le mani durante una festa in cui la comunita’ e’ coinvolta… La canzone di San Damiano, che dice che le cose semplici sono le piu’ belle. La gioia, che ti chiede di ascoltare il rumore delle onde del mare e i pensieri notturni dell’umanita’… Semplice come un sorriso, semplice come l’approccio di un bambino che inizia a scoprire il mondo, semplice come i giochi che facevamo fare ai bambini ma che li divertivano un mondo, semplice come l’amore, che ha moltissime diverse e complicate manifestazioni, ma rimane, a mio avviso, il piu’ semplice, spontaneo e genuino tra i sentimenti… E a chi aveva voglia di cercare, chi aveva voglia di impegnarsi con le mani e con il cuore, quanto ha dato questa semplicita’…
Contraddizioni di ricchezza e poverta’ nello stesso luogo, di pianti e di sorrisi per la stessa situazione, di fame e di colori dei dolci nello stesso giorno, di una coscienza che parte e di una diversa coscienza che torna nella stessa persona… Contraddittorio come l’uomo che dimostra l’importanza del prossimo condividendo la sua vita con gli altri nella comunita’, nella coppia, nella procreazione di figli, capace di arte e musica, ma anche in grado di generare qualcosa di tanto spaventoso come il senderismo, l’esercito, la paura, l’odio, l’orrore, la discriminazione e, soprattutto, l’indifferenza verso gli altri… La contraddizione di un benessere che noi ci siamo guadagnati, e stiamo guadagnando, sulla pelle, sulle sofferenze e sulla vita di altre persone. Non servono spiegazioni accademiche per capirlo, in Peru’ e’ tutto davanti agli occhi. Una terra ricchissima di risorse e di ecodiversita’, che esporta in tutto il mondo, eppure rimane pochissimo, quasi niente, per i suoi abitanti.
Vedere a ferragosto quel clan, quel gruppo di ragazzi in mezzo alla nebbia di uno sperduto campo da calcio, intrisa dell’odore di terra umida delle colline di Lima da poco invase, vederlo al freddo, un insolito freddo invernale per i miei tipici 15 di Agosto. Sentire solo vuoto attorno, e vento che porta silenzio, la voce di chi legge la carta di clan, una canzone che inneggia al cambiamento positivo e coraggioso. Vederli tremare, ridere, scattare foto per non dimenticare quel momento, vedere i loro flash nella nebbia. Ascoltarli fare delle scelte importanti, condividere queste scelte… E poi Gato che ti si avvicina, che anche lui sfida quel freddo per conoscere, vivere, fare esperienza diretta di un fatto a lui insolito. Rendersi conto in pieno, e finalmente, di essere proprio dall’altra parte del mondo… Avro’ veramente pregato mille volte e a pugni chiusi di non perdere memoria di quell’immagine, anche se il tempo non concede sconti a nessuno… Spero solo in una piccola promozione, chesso’, da qui ai miei 113 anni…
Minka, una parola quechua che indica uno dei tre tipi di lavoro conosciuti: il lavoro per la comunita’, all’opposto del lavoro per te stesso e del lavoro che fai per un altro ma senza vantaggi per te, quest’ultima eredita’ del periodo dei latifondi. Non vedersi piu’ ne come singoli, ne come singoli nel contesto, ma come gruppo nel contesto, a sua volta costituito da gruppi di gruppi. I nostri nonni lo sanno cosa significa, perche’ loro in campagna vivevano in maniera simile… Perche’ certe cose o le fai con la comunita’, oppure non le puoi fare per niente. Era darsi una mano a vicenda raccogliere il grano, era costruire un canale di irrigazione, era fare una strada per il villaggio… Oggi potrebbe essere il condividere delle conoscenze, aiutarsi nelle piccole necessita’ quotidiane, scambiare due parole per il gusto di passare del tempo assieme… Eppure e’ un’abitudine ormai lontana dalla vita occidentale, dove il singolo deve rimanere tale in modo da poter essere produttore di bisogni da soddisfare, e dove l’unica merce di scambio che puo’ offrire e’ il denaro. Lavora, consuma, crepa. Quanto mi sono sentito bene ad essere di servizio per gli altri, utile per il gruppo, vivere in comunita’… Rubando le parole di qualcuno, e’ stato proprio vero che “amare e’ mettere la propria felicita’ nella felicita’ dell’altro”… E poi c’e’ poco da fare, i bambini sono speciali cosi’ come sono, basta che sto assieme a loro per sentirmi diverso, pulito e spensierato, ma assolutamente cosciente di quello che mi circonda… Forse davvero avrei dovuto studiare per diventare maestro d’asilo, e chissa’ che non sia ancora in tempo per farlo…
Apprezzare sotto un’altra ottica anche la religione, o meglio quello che il cattolicesimo e’ stato in grado di fare in questa terra. Prima motivo di conquista e giustificazione per l’abominio dello sterminio di intere popoli e lo loro sottomissione, ora speranza di vita dignitosa per molti. Una delle poche istituzioni locali, se non l’unica, che tenta di risollevare le sorti della gente di una nazione che, se fosse per lo Stato, sarebbe solo forza lavoro, solo mera “risorsa umana”. Lo capisci quando cucini il pranzo per i ragazzi delle scuole nei Comedores e senti che le persone chiamarsi tra loro “hermano” ed “hermana”, quando ti svegli la mattina alle 5 e mezzo e vai al Vaso de Leche per preparare la colazione ai bambini che arrivano tutti “belli impomatati e improfumati”, ma sempre con la loro spontaneita’ nell’essere alcuni sorridenti, alcuni timorosi, davanti a quella tazza di latte e a quei due panini che gli offri. Quanto senti parlare della teologia della liberazione, e capisci che una riscoperta del ruolo e dell’importanza dei poveri nella societa’ non poteva non nascere in un posto cosi’, in cui poveri sono la componente quasi totalitaria di essa, e non una parte marginale e scomoda agli occhi. La figura di Gesu’, anche solo quella umana, e il suo messaggio di “farsi povero, essere loro prossimo” si riattualizza di un valore che in Peru’ ha il peso dell’esperienza quotidiana, di quello che vedi intorno a te e che ti entra dentro con la forza di un ariete che mira dritto dritto al tuo stomaco di occidentale. A casa nostra non possiamo comprendere cosa significa essere povero in mezzo ai poveri, semplicemente perche’ nella realta’ di tutti i giorni non possiamo sperimentarlo. Ed e’ doloroso e scomodo, incredibilmente scomodo, acquistare questa consapevolezza… Ma come tutte le esperienze dolorose, ti fa crescere…
La natura del Peru’. Da molto, ormai, c’e’ qualcosa nella natura che mi attira profondamente. La gestalt insegna che il tutto e’ maggiore della somma delle parti, e per me la natura e’ cosi’: non tanto l’albero, il fiore, la persona, il cielo, ma bensi’ quell’albero con quella persona, vicino a quel fiore, sotto a quel cielo… La foresta Amazzonica vista dall’alto di un aereo, uno sconfinato oceano verde, capaca di evocare smarrimento, rispetto, paura, ma anche un’immensa curiosita’ di scoprire tutta quella parte di mondo ancora al di la’ delle mie conoscenze… Le Ande, pura roccia che senza muoversi e dire una parola ti mette davanti al fatto che davvero sei un essere minuscolo la cui vita dura, per loro, meno del singolo battito d’ali di un colibri’… Poi penso a quanto e’ distante tutto questo dalla vita in citta’ a cui siamo abituati, all’energia dell’acqua di una sorgente quando ci immergi le mani, agli innumerevoli odori che si susseguono in una singola giornata in mezzo alla natura, al mio respiro, ai miei occhi e alla tensione dei miei muscoli quando ho giocato a fresbee in mezzo a panorami che neanche il migliore fotografo saprebbe raccontare. In mezzo ad una natura che mi circondava per chilometri e chilometri, in altezza e in larghezza, mai inquinata dall’opera dell’uomo… La stanza dello spirito e del tempo…
Mettere da parte le difficolta’ del proprio quotidiano ed essere davvero pronti a ricevere e vivere appieno quello con l’ospite, ecco cosa mi hanno piu’ di tutto insegnato i ragazzi della CAJ. Era palese la percezione che avevano di noi: gente che si lavava spesso, che aveva molti abiti, che faceva la sofisticata sul cibo, che faceva discorsi su bisogni ben lontani da quelli di sussistenza con cui loro dovevano invece fare i conti quotidianamente, gente parecchio privilegiata, incredibilmente ricca di possibilita’, che ogni tanto pensava a “quando tornero’ a casa, faro’ questa cosa che mi manca molto”, mentre per loro quella era l’unica casa, una casa di cui noi facevamo notare difetti, mancanze, scomodita’… Ma nonostante questo, si sono buttati con noi in dieci giorni di vita assieme, in uno scambio completo, sporcandosi mani, piedi e, dalle lacrime dei saluti, anche un po’ l’anima… Ho trovato un nuovo senso, uno spessore ancora piu’ profondo ai discorsi che sento e che faccio sull’accoglienza e sulla condivisione… Dies dias…
Spero di ricordare anche il loro spirito di iniziativa, la voglia di farcela nonostante il contesto, assieme, nell’aiuto reciproco e con la fiducia in cio’ in cui credono. Vedere i loro sogni brillargli negli occhi quando ce li raccontavano… Willy, Papa Gil, Padre Zeferino, Malu’ e gli altri hanno creato grandi cose laddove molti altri non vedevano nulla, o peggio solo impedimenti, ma non so quanto, una volta andati via loro, queste realta’ continueranno ad esistere nello stesso modo. Alla CAJ, invece, la comunita’ si e’ fatta scrigno e tragettatrice dei geni di questi sogno, e finche’ vivra’ la comunita’, vivra’ il sogno originario. Con piccole modifiche, magari con cambiamenti ed adattamenti, ma dopotutto e’ questo che fa la vita generazione dopo generazione… Torna il tema dell’imparare dalla natura, occorre solo avere gli occhi giusti per guardare, e sapere dove guardare… Frattali…
Poi la comunita’, 21 persone che prima del Peru’ non conoscevo, 21 giorni passati assieme nella condivisione piu’ totale di tutto, dalla mattina alla sera, 21 persone che, seppur diverse, hanno saputo trovare nella solidarieta’ che un’esperienza del genere ti infonde, un feeling senza eguali, un ritmo positivo, una sincronia nel respiro… Ed e’ troppo brutto non conoscersi neanche con il vicino di casa… Gente che trovi, con cui vivi un’iniezione di momenti forti, di esperienze dirompenti, gente che sai gia’ sara’ l’unica gente in grado di poter capire le tue parole, i tuoi racconti e le tue emozioni del viaggio in Peru’… Gente che poi, purtroppo, la distanza ti fa lentamente dimenticare, ma gente che c’e’, e che quando ti combinano di queste cose, ti fanno proprio mettere a piangere nonostante i mille e mille chilometri che ci separano…
Tutto il Peru’ e’ stato un esempio, e mai un discorso, tutto il Peru’ mi ha dato fatti, e mai parole… Tutto il Peru’ e’ stato un fondamentale specchio per guardarmi, magari a volte un po’ indiscreto, ma ancora una volta ho apprezzato quanto possono servire queste esperienze. E spero davvero sia di poterne fare altre, sia di poter continuare ad offrire ad altri ragazzi la possibilita’ di farle…
Eh si, a trent’anni inizio ad apprezzare il significato della parola adulto. Adulto in quanto consapevole delle scelte che compio, con la giusta sicurezza e paura sui passi che percorro, capace di guardare la realta’ faccia a faccia, senza esserne solo spaventato, capace di scommettere su di se’ e sugli altri. Avevo una grande scelta da fare, lasciata galleggiare durante questi 21 giorni di Peru’… Quando a Marzo decisi di partire, davvero non potevo immaginarmi tutto quello che mi aspettava. Ma ora, col senno di poi, penso proprio che il Peru’ mi abbia dato il giusto tempo e la giusta dimensione per riflettere, indirizzandomi verso una consapevolezza diversa di me, del mio quotidiano, delle mie azioni nel quotidiano, lasciandomi la voglia di vivere il futuro con una reale volonta’ di cambiamento. Senza, forse, mi sarei mosso solo con una generica voglia di riadattamento e aggiustamento… Ho scelto di tentare il piu’ grande lancio di dado della mia vita. Ora vediamo un po’ come andra’ questa partita… Entusiasmo per il domani, misto ad un po’ di nostalgia, ma ci sta tutto, in fondo…
Stare bene solo con lo stare in mezzo alle montagne, solo con il rumore delle onde del mare e degli scogli dove sto scrivendo queste riflessioni, solo con la carezza del vento che ti fa percepire i contorni del tuo corpo… Stare bene quando gli altri intorno a me sorridono e, un po’, crescono… Stare bene perche’ mi sento in comunione con me stesso… Stare bene a riflettere sul mio scoglio preferito, lo scoglio del soffio e del respiro… Non devo perdere questa abitudine, a prescindere da tutto quello che mi potra’ succedere…
Per “qualche” foto, c’e’ il set su Flickr che vi aspetta… E tutte le domande che volete per contestualizzare quello che vedrete :)